Il Giardino
Ciao questa newsletter ti raggiunge dopo molto ripensare e molto non dormire.
Sono mesi che cerco di trovare un modo per riprendere i miei esercizi di scrittura iniziati durante il mio periodo terapeutico e che per molto tempo mi hanno dato una mano a ristabilire ordine nella mia quotidianità.
Il percorso si è disciolto nei cambiamenti e negli interstizi delle giornate, di quelle caotiche, dove non lasci spazio per le cose importanti e riempi il tempo solo di strozzate pur di poter dire “oggi non mi sono fermato neanche per un caffè”.
Allora ho deciso di rinegoziare con me stesso un momento di attenzione, qualche ora per scrivere un resoconto, un riassunto, una pagina di un diario e farla leggere a qualcuno. In fin dei conti credo, e sottolineo il credo parlando solo per me stesso, che al tramonto di ogni giornata o all’imbrunire dell’anno, tutti vogliamo sentirci un pò meno soli.
Mi chiamo Samule e ti do il benvenuto e spero di riuscire a connetermi con te nel tempo e nello spazio di questa lettura per condividere vuoti e pieni, felicità e tristezza.
Bene, iniziamo:
Il titolo che accompagna questa prima prova d’autore non vuole sottolineare il già POCO celato ego—riferirsi che può esserci all’interno di un “diario” ma più che altro riguarda, o meglio parla, di una singolarità presente dento ognuno di noi.
Ho sempre immaginato che al centro del nostro corpo, un centro ipotetico ovviamente, ognuno può collocarlo dove meglio crede e per me si trova fra stomaco e fegato. Bene questo centro, questa singolarità può essere parafrasa come fosse un giardino.
Bene, questo giardino spesso non è nostro, questo giardino ci viene donato, prestato, affittato o ceduto forzatamente da un’altra umanità.
Perché devi sapere che negli anni ho vissuto nei giardini più disparati, alcuni erano stupendi, rigogliosi, pieni di acqua e senza una fine, senza tempo. Altri invece erano secchi, abbandonati, vittime dell’incuria del giardiniere il quale, per ragioni che sono sempre giuste ai suoi occhi (ma ne parleremo in altre newsletter) non riesce a curare quel ritaglio di terra di cui è proprietario, sempre se di proprietà si può parlare quando si trattato argomenti eterei come l’intelligibilità del proprio io o la capacità di conoscersi e quindi curarsi (anche di questo parleremo).
Questo giardino quindi è presente dentro ognuno di noi e seguendo il ragionamento fatto qualche riga fa, questo vuol dire che in questo momento, mentre stai leggendo, il giardino che abiti quando sei in solitudine, in riflessione o studio, in gioia o in tristezza, potrebbe non essere il tuo.
Può essere che qualche anno addietro hai conosciuto un ragazzo che è diventato con il tempo e con difficoltà tuo amico e che con lo stesso tempo e nelle stesse difficoltà ti ha passato delle scatole piene di semi, concime, istruzioni per l’uso, tempi di semina e raccolta, intuizioni sulla stagionalità. Di conseguenza è quindi probabile che dentro il tuo giardino ci sia un angolo che ti è stato donato da quel ragazzo, un luogo pieno di interessi e ricordi, film, libri, silenzi.
Oppure può essere che questo giardino che abiti ora non sia tuo e non lo sia mai stato perché non hai mai deciso di prendere quella scelta, di strutturare quell’idea, di scrivere a quella persona. È un giardino d’infanzia se così possiamo definirlo, è il luogo che i tuoi genitori ti hanno donato e dal quale non sei mai uscit*.
Potresti anche essere quel tipo di persona che ha rubato il giardino in cui ogni tanto cammina drenando via l’acqua da quello di un’altro essere umano, portando via zolle di terra, sali minerali, nutrienti e tutta la biodiversità che questa persona aveva contribuito a far vivere, nascere, evolvere.
Quando parlo di biodiversità mi riferisco, ad esempio, ai ricordi o alle emozioni ma lista è lunga e molto personale.
Quando parlo quindi del mio giardino parlo di tutti quelli dentro il quale sono stato, dal quale ho rubato, dai quali mi sono abbeverato e i quali ho contribuito a distruggere.
Non c’è un solo giardino ma ce ne sono molteplici.
Non c’è un solo carattere, non c’è una sola coerenza, non c’è qualcosa di naturalmente definito.
Ed è per questo che io sono un ladro, un coltivatore, un calpestatore, un divoratore, un curatore, un allevatore, un uomo.
Il mio giardino è concimato dal mio passato, seminato dal mio presente ed esposto sotto i raggi del mio futuro. Oggi il mio giardino si allarga sempre di più perché ho imparato a dare spazio alle persone e alle loro piantagioni -mi si passi il termine. Oggi nel mio giardino c’è più posto.
Qui arriva il momento più difficile, quello della chiusura che lascia un momento di riflessione.
Molte delle cose che scriverò avranno questa chiusura, altre no.
Non sempre riesci ad irrigare tutto il campo.